Camminiamo insieme: nascono le nuove Reti pastorali
Carissimi,
il Natale è diventato una festa universale, e anche chi non crede percepisce il fascino di questa ricorrenza. Il cristiano, però, sa che il Natale è un avvenimento decisivo, un fuoco
perenne che Dio ha acceso nel mondo, e non può essere confuso con le cose effimere: Natale non deve ridursi a festa solamente sentimentale o consumistica, ricca di regali e di auguri ma povera di
fede cristiana e anche povera di umanità. Pertanto, è necessario arginare una certa mentalità mondana, incapace di cogliere il nucleo incandescente della nostra fede, che è questo: «Il Verbo si
fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14). E questo è il
nocciolo del Natale, anzi: è la verità del Natale; non ce n’è un’altra.
Il Natale ci invita a riflettere, da una parte, sulla drammaticità della storia, nella quale gli uomini, feriti dal peccato, vanno incessantemente alla ricerca di verità, di misericordia, di luce, e, dall’altra, sulla bontà di Dio, che ci è venuto incontro per comunicarci la Verità che salva e renderci partecipi del suo Amore e della sua vita. Il Concilio Vaticano II, in un celebre passo della Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, ci dice che questo avvenimento riguarda ognuno di noi. «Con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, Egli si è fatto veramente uno di noi in tutto simile a noi fuorché nel peccato». Ma Gesù è nato duemila anni fa, e riguarda me? – Sì, riguarda te e me, ognuno di noi. Gesù è uno di noi: Dio, in Gesù, è uno di noi. Questa realtà ci dona tanta gioia e tanto coraggio. Dio non ci ha guardato dall’alto, da lontano, non ci è passato accanto, non ha avuto ribrezzo della nostra miseria, ma ha assunto pienamente la nostra natura e la nostra condizione umana. Non ha lasciato fuori nulla, eccetto il peccato: l’unica cosa che Lui non ha. Tutta l’umanità è in Lui. Egli ha preso tutto ciò che siamo, così come siamo.
Queste brevi riflessioni ci aiutino a celebrare il Natale con maggiore consapevolezza. Ma c’è un altro modo di prepararsi, che voglio ricordare a voi e me, e che è alla portata di tutti: meditare un po’ in silenzio davanti al presepe. Il presepe è nato 800 anni fa: per la prima volta, nella notte di Natale del 1223, nel paesino di Greccio, San Francesco d’Assisi ha avuto l’ispirazione di chiedere alla gente del villaggio di prestarsi per rappresentare dal vivo la nascita di Gesù a Betlemme: il primo presepe fu un «presepe vivente» e da lì sono nati poi tutti i presepi con le statuine e tanta creatività!
Possiamo diventare un po’ bambini rimanendo a contemplare la scena della Natività che rivive in un presepe. Chiediamo la grazia dello stupore: davanti a questo mistero, a questa realtà così
tenera, così bella, così vicina ai nostri cuori, il Signore ci dia la grazia dello stupore, per incontrarlo, per avvicinarci a Lui, per avvicinarci a tutti noi. Questo farà rinascere in noi la
tenerezza umana che è vicina a quella di Dio, quella che l’intelligenza artificiale dei robot non ci potrà mai donare. E oggi abbiamo tanto bisogno di tenerezza, tanto bisogno di carezze umane,
davanti a tante miserie! Se la pandemia ci aveva costretto a stare più distanti, Gesù, nel presepe, ci mostra la via della tenerezza per essere vicini, per essere umani.
Seguiamo questa strada che quest’anno ci porterà concretamente nella terra di Gesù così travagliata dalla guerra; ci porterà precisamente a Betlemme, per sostenere in questo Natale di solidarietà
insieme ad altre parrocchie del Mendrisiotto il «Caritas Baby hospital», l’unico ospedale pediatrico in Cisgiordania.
Sarà il nostro dono d’amore a Gesù che «nasce» ancora oggi in quel villaggio che ha dato origine al… Natale!
Buon Avvento e sereno Natale!
don Gian Pietro