1. La croce della monotonia.
Non è molto pesante, ma stanca il cuore, perché penetra adagio in ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo. Le facce di tutti i giorni, i gesti ripetuti all’infinito davanti ad una macchina e sul
lavoro, gli stessi piatti da lavare, gli stessi panni da rammendare e da stirare. Ogni giorno simile all’altro. Al mattino il suono penetrante della solita sveglia e poi tutto uguale, mentre i
mesi e gli anni consumano l’esistenza. L’abitudine può diventare una croce di stanchezza e sofferenza.
2. La croce della solitudine.
Anche la solitudine è una croce. Talora cercata, spesso imposta, sempre sofferta. Una croce di dolore, quando sentiamo di aver bisogno di qualcuno, ma questo aiuto non arriva. Una solitudine
creata anche dalle nostre continue omissioni: una visita non fatta; una lettera non scritta; un biglietto mai spedito; un saluto trascurato. E chi aveva bisogno e attendeva si sente solo.
3. La croce dell’incomprensione.
Si innalza fra le persone che vivono vicine, spesso nella stessa casa, quando i linguaggi diventano diversi e le lontananze si fanno incolmabili. È un cammino sofferto e basterebbero a volte
soltanto una parola, un gesto, soprattutto un accettarsi. Ma sovente non si riesce.
4. La croce della nostalgia.
La nostalgia fa parte del cuore, come memoria del passato, dei ricordi. Si accumula man mano che gli anni diventano tanti nell’eco di voci, volti, gesti, parole. E il cuore ritorna sul cammino
percorso, come dentro la ricerca di un tempo perduto. Croce delicata, ma amara.
5. La croce della delusione.
Una promozione mancata, un riconoscimento non arrivato, un successo svanito, un amore non colto, un grazie non ricevuto… e siamo delusi. La delusione diviene una ferita, come una sconfitta.
Leggera o pesante, grave o superficiale, ma pur sempre una croce. Ci attende ad ogni passo, dietro l’angolo di un progetto, alla fine di una attesa: è sempre lì, a portata di mano. Una persona,
un evento, un gesto, un esame, un concorso: sono tante le occasioni per sentirci delusi.
6. La croce della disoccupazione.
Percorre le nostre strade e si va facendo più intensa. Croce pesante: le mani e l’intelligenza, fatte anche per lavorare e produrre, stringono il nulla, come nel lento silenzio del tempo vuoto.
Prepararsi, studiare, imparare, cercare e poi niente; lavorare, impegnarsi, fare sacrifici e poi venire licenziati. Una croce di paura che i sistemi attuali del vivere e del produrre rendono più
frequente.
7. La croce dell’egoismo.
Ricordate la fiaba di quel ricco gigante che viveva in un castello tutto per lui, con un parco immenso e ricchi giardini? Ma tutto era triste, senza fiori e senza primavera. Anche l’egoismo è una
croce: chiuderci e ripiegarci su noi stessi, dentro una notte che non conosce il sorriso. È malattia tremenda l’egoismo, tanto più grave perché genera invidia, gelosia, odio. È mancanza di vita e
di entusiasmo, mentre la mano si chiude nel freddo del cuore. L’egoismo è croce molto triste.
8. La croce dell’ingratitudine.
La viviamo nel silenzio questa croce: più volte senza nemmeno confidarla. Ha troppo il sapore della sconfitta e della delusione più amara. È la croce dell’ingratitudine. La croce di molti,
portata senza farla scorgere, perché fa troppo male e magari ci umilia.
9. La croce della paura.
Sono tante le nostre paure: dentro e fuori di noi. Tensioni e angosce, timori continui di tante piccole cose; un sentimento che ci portiamo dentro, da sempre. Dalla paura del buio di quando
eravamo bambini, al timore di quanto ci circonda, fino all’angoscia del futuro, spesso incerto. La paura fa parte del nostro cuore e della nostra intelligenza, che vorrebbero sapere, ma il domani
non ci appartiene.
10. La croce della povertà.
È croce sempre presente, anche nei nostri paesi, ma spesso non riusciamo a scorgerla. È la croce della povertà; la miseria di non avere nemmeno il necessario per vivere. È una croce forte sul
mondo, innalzata dalla troppa ricchezza di pochi. È un legno che parla il linguaggio bastardo e cattivo dell’ingiustizia e della violenza. Croce che umilia il nostro mondo cristiano.
11. La croce della vecchiaia.
Anche la vecchiaia può essere una croce. Soprattutto perché, a differenza di altre età, ha più bisogno degli altri. E gli altri non sono sempre solleciti verso i vecchi. La vecchiaia facilmente
trascina la malattia, la solitudine e il pensiero della morte. Se ogni età ha la sua croce, la vecchiaia forse ha una croce più marcata. Ma è croce anche luminosa perché raccoglie la sintesi
della vita e del cammino verso la luce. Per questo è croce ricca di speranza, come una sorgente che sa ricominciare.
12. La croce della malattia.
La malattia: è esperienza continua e anche tremenda; in noi e fuori di noi. La viviamo nel nostro corpo, che gli anni consumano. La sentiamo, leggera o grave, con il suo duro significato di lento
deterioramento. La cogliamo sul volto degli altri, talora forte, marcata, evidente, come premessa di morte. E ne abbiamo paura. La malattia è stagione obbligata, è calvario che tutti dobbiamo
salire. È tappa difficile da accettare; è come una notte che soltanto la Tua croce può illuminare di speranza.
13. La croce della disperazione.
È la croce della notte, quando le stelle non segnano nessuna strada, quando la speranza abbandona il cuore, quando il buio è lotta che tutto abbatte e distrugge. È la croce più pesante.
14. La croce della morte.
San Francesco la chiamava sorella; nel Venerdì Santo è viva su una croce. L’abbiamo dentro di noi, con la vita. Vive nelle nostre cellule, nel nostro sangue, nel nostro corpo. E la temiamo. È
l’ultima croce prima della vita. Ogni tomba ha la sua croce, ogni vita ha la sua morte, ogni mistero ha la sua luce. Sulla morte l’unica luce viene da una Morte e da una Croce. Resta solo lo
spazio del silenzio: come il seme calato nella terra per germogliare la spiga.